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CONVOCAZIONE CONGRESSO NAZIONALE
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AGENZIA DELLE ENTRATE - ABUSI IN SICILIA - Istanza di Accesso Atti Amministrativi
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24 marzo 2011 La P.A. oltre le cricche!
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28 febbraio 2011 Incarichi dirigenziali in Sicilia
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14 gennaio 2011 Pubblicata la Lettera di dimissioni del Prof. Pietro Micheli
I media, impegnati nell'ultimo estenuante episodio dell'eterna saga tra guelfi e ghibellini, oggi schierati sulla torbida storia del “Bunga Bunga”, i cui clamori coprono le vere necessità ed emergenze sociali ed economiche del Paese, hanno quasi del tutto ignorato la notizia delle dimissioni presentate il 14 gennaio u.s. dal Prof. Pietro Micheli, già componente del CiVIT, ovvero la Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l'Integrità delle Amministrazioni Pubbliche.

Colpiscono della vicenda i seguenti aspetti:

§ il profilo del Prof. Micheli che, a dispetto della giovane età, vanta un curriculum ed una competenza di assoluta eccellenza, perciò destinato all'ingrato destino dell'esilio dall'Italia;
§ l'atto coraggioso delle dimissioni, in un'Italia in cui quasi tutti (in specie, non giovani ed in modo particolare quelli meno qualificati) corrono e si azzuffano per accaparrarsi laute e multiple prebende pubbliche per sé e per i propri familiari;
§ le motivazioni addotte, che costituiscono veri e propri atti di accusa verso l'establishment.

In sintesi, questi gli aspetti salienti su cui si basa l'atto d'accusa del prof. Micheli:

- riforma ambiziosa, quella della P.A., divenuta subito e quasi esclusivamente la bandiera di una ossessiva campagna demagogicamente populista contro i cosiddetti “fannulloni”, in cui sono stati unificati ed identificati tutti i dipendenti pubblici, senza alcuna doverosa distinzione, con il risultato di “deprimere la reputazione e il senso di appartenenza” dei tanti onesti e meritevoli;
- riforma calata sull'apparato amministrativo dello Stato, senza una preventiva soluzione dei “problemi a livello organizzativo e di sistema”;
- riforma incentrata, non sulla creazione di “valore pubblico” strategicamente ordinato al fine della “qualità dei servizi”, ma avente “il vero fulcro dell'azione” nel meccanismo del “premio e della sanzione”, con particolare accentuazione della finalità strategica di quest'ultima;
- legge sbagliata, zeppa di prescrizioni che “rischiano di farla naufragare in una palude di adempimenti burocratici”
- assoluta mancanza di una visione manageriale (Commissione composta per la quasi totalità di giuristi) con un organico striminzito di personale addetto (30 unità);
- ingiustificata ed inammissibile autoesclusione della Presidenza del Consiglio e del Ministero dell'Economia e delle Finanze dall'ambito di applicazione della riforma;
- “ripartizione dei valutati in fasce definite ex ante”, quindi in modo del tutto arbitrario discrezionale;
- pesanti dubbi sulla indipendenza della “CiVIT”: “il governo si riserva ogni potere di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività della Commissione stessa”, trattandola come “parte del proprio staff”

Quel che il prof. Micheli - con tratto davvero signorile - non dice, lasciando un incarico prestigioso e ben remunerato (€ 150.000), per ritornare liberamente e dignitosamente all'esilio dell'insegnamento di “analisi delle politiche pubbliche” all'università di Cranfield in Gran Bretagna, è che il compenso annuo per tale incarico è di € 40.000, esattamente quanto corrisposto per una sola peregrina “consulenza” (“valutazione dei problemi giuridici della digitalizzazione delle amministrazioni pubbliche di Paesi terzi”) al prof. Michel Martone, figlio del Prof. Antonio Martone presidente della CiVIT.

Queste sono le giovani eccellenze italiane, di cui andar fieri e di cui ha disperato bisogno questo nostro disgraziato Paese per risalire la china.

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7 ottobre 2010 Convocazione assemblea del personale per il 29 0ttobre 2010



28 settembre 2010 Pubblicato su
Dirpubblica Flash

MORTI BIANCHE E ISPETTORI AGGREDITI

Abbiamo pubblicato su www.dirpubblica.it "la mezza pagina" odierna con la quale Dirpubblica affronta il problema delle morti bianche e del ruolo degli ispettori del lavoro.



Articolo pubblicato su www.circolopasolini.splinder.com il
22 settembre 2010

INTERVENTO DI DIRPUBBLICA MILANO SU SICUREZZA E ISPEZIONI DEL LAVORO DOPO I FATTI DI CAPUA (ISPETTORI ASL ARRESTATI) E REGGIO CALABRIA (ISPETTORI DEL LAVORO AGGREDITI FISICAMENTE)

L'Italia è in Europa il Paese con il più alto numero di morti e di infortuni sul lavoro. Non sono solo una tragica fatalità, non è vero che non possono essere evitati. C'è da tempo una strisciante e subliminale strategia informativa che tende a convincere che la responsabilità degli incidenti non è solo dei datori di lavoro ma soprattutto dei lavoratori che non rispettano le norme di sicurezza e non sono attenti mentre lavorano.
Purtroppo questa linea di pensiero ha trovato spazio in alcune norme. E' una premessa imprescindibile per arrivare a positivi risultati, non un assunto aprioristico con sfumature velatamente punitive: la responsabilità di garantire la salute e la sicurezza sui luoghi di lavoro è solo e soltanto del datore di lavoro e così dovrà avvenire in futuro. I lavoratori, infatti, non decidono loro i ritmi di lavoro, non è loro colpa se sono costretti, dalle condizioni del mercato del lavoro, a instaurare rapporti flessibili, interinali, parasubordinati, quindi precari che li rendono timorosi di rappresaglie nel caso in cui sollevino problemi sulla sicurezza in azienda, non spetta a loro organizzare e finanziare corsi di formazione o l'installazione di apparati di prevenzione funzionanti. Pensiamo alle condizioni di lavoro dei settori con maggior tasso di infortuni (agricoltura, edilizia, industria) a cui si aggiunge la difficile condizione degli stranieri, tra le maggiori vittime del fenomeno (se consideriamo anche i casi non denunciati in quanto riferiti al lavoro nero). E' un emergenza nazionale. Chi se ne deve occupare? I privati con la loro libera iniziativa? Oppure è un'incombenza anch'essa esternalizzabile nelle forme più disparate e fantasiose? No. La sicurezza e la tutela dei diritti dei lavoratori devono essere prerogativa esclusiva dello Stato, attraverso l'emanazione e la severa applicazione, alla stessa maniera in ogni parte del Paese, di leggi e di regolamenti e innanzitutto il pieno utilizzo delle strutture pubbliche esistenti, in futuro da potenziare. Spesso i cittadini non hanno piena consapevolezza di quali siano, almeno teoricamente, le forze in campo (anche se solo su porzioni di questa questione), oltre al Ministero del Lavoro (ispettori del lavoro e Comando Carabinieri per la tutela del lavoro). Vale la pena ricordarlo: l'IPSEMA e l'ISPESL (in corso di assorbimento dall'INAIL), gli ispettori di vigilanza degli Enti previdenziali e assicurativi, gli ispettori delle ASL,i Vigili del Fuoco, l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza (vigilanza per emersione del lavoro nero). Un totale complessivo di circa 8500 unità ispettive a fronte di circa 4.500.000 aziende più tutti gli edifici pubblici (ad esempio le scuole dove studiano i nostri figli. Con i tagli in atto, manutenzioni e ristrutturazioni non sembra siano all'ordine del giorno). Ci rendiamo conto delle attuali difficoltà economiche e finanziarie del Paese. Ma qui si sta parlando della vita umana. Qualcosa occorre fare, possibilmente "a costo zero". L'assunzione di nuovi ispettori o la mobilità all'interno delle PA formando con appositi corsi nuovi ispettori sicuramente rappresenterebbero un costo. Quale potrebbe essere la contropartita? A parte l'abbassamento delle morti e delle invalidità, riduzione della evasione fiscale, contributiva, assicurativa e risparmio nell'erogazione delle prestazioni da parte dell'INAIL. E' nota ormai all'opinione pubblica la possibilità, per affrontare la spesa iniziale di questa operazione, di attingere ai circa 13 miliardi di deposito infruttifero presso la Tesoreria dello Stato derivante dall'avanzo di cassa dell'INAIL. Ma l'entrata in servizio anche di milioni di nuovi ispettori non risolverebbe nulla se dall'interno del mondo ispettivo e dirigenziale pubblico non vi fosse una ribellione morale volta ad estirpare un diffuso malcostume (i fatti di pochi giorni fa a Capua a mio parere sono solo la punta di un iceberg) che, come noto a chiunque operi nel mondo del lavoro, dell'economia e del diritto, produce il risultato che a volte l'attività ispettiva in Italia non sia veramente tale, con tutte le deleterie conseguenze che questo comporta. E' una delle manifestazioni della carenza di senso civico che affligge il nostro Paese. Chiudere gli occhi sarebbe inutile e mistificatorio. Il Paese si cambia innanzitutto trasformando le coscienze, oltre che la classe politica che comunque ha le sue pesanti responsabilità. La carente volontà politica purtroppo non nasce dal nulla ma da precisi input che provengono ai politici dal basso (non solo dalle imprese ma spesso da settori della P.A.). Molto è da migliorare nelle prerogative del personale ispettivo. Non tutto possiede lo status di ufficiale di polizia giudiziaria. C'è molta frammentazione nelle competenze dei diversi enti, laddove necessiterebbe unificazione o quanto meno coordinamento. Solo tutelando il rapporto di lavoro nel suo complesso è possibile, come conseguenza, garantire la sicurezza. Molti funzionari assunti come ispettori vengono dirottati a funzioni amministrative, aumentando la autoreferenzialità della P.A., riducendo al minimo i rischi per la sicurezza di certe aziende di vedersi contestate inadempienze. Curioso è poi che il personale ispettivo abbia la stessa articolazione d'orario di quello non ispettivo e che non abbia adeguati incentivi per il lavoro straordinario o festivo o notturno. E che non vi sia una specifica organizzazione del lavoro per questo personale. Tutti ricorderanno poi la disputa, tutt'altro che definita, sull'utilizzo del mezzo proprio. La figura simbolo del Rappresentante dei Lavoratori per la sicurezza è stata sterilizzata e svuotata con norme disincentivanti. I lavoratori sono nella condizione di non poter parlare e non poter denunciare. C'è chi ha proposto, analogamente a quanto avvenne per il 117, di istituire un numero verde che garantisca l'anonimato per le segnalazioni. Il Ministro è subito corso ai ripari, escludendone la presa in considerazione. E' inevitabile che dall'imbarbarimento delle condizioni di lavoro possa discendere un attacco alle garanzie giuridiche dei datori di lavoro. Speriamo che non si debba arrivare a tanto. Il ruolo dell'ispettore del lavoro deve essere valorizzato e rilanciato.Non è stata una idea accettabile quella di assegnare ai consulenti del lavoro (soggetti privati) funzioni di monitoraggio del corretto funzionamento della attività ispettiva (statale). E riconoscere agli stessi un ruolo determinante nelle operazioni di vigilanza, con ingerenza nella programmazione delle ispezioni e nelle fasi delle verifiche. E' stata realizzata la subordinazione dei controllori (gli Ispettori statali) ai controllati (le Aziende che ingaggiano i consulenti del lavoro). L'ispettore non ha più alcuna autonomia ma non in forza di una legge bensì di circolari e interpelli che la soppiantano a tutela di interessi privati. Come nei manicomi di un tempo, l'ispettore è considerato una specie pericolosa di malato bisognoso di un tutore (il Capo di U.O. o Capo Linea) che ne controfirmi il verbale. Altrimenti il relativo provvedimento non può essere notificato o trasmesso.Se l'ispettore sbaglia il capo può avocare a sé la pratica e affidarla a un ispettore più docile. Se il reprobo persevera, rischia trasferimento o provvedimento disciplinare. Senza contare, poi, i rischi di aggressione fisica, come è avvenuto a Reggio Calabria pochi giorni fa. La nota Direttiva dell'attuale Ministro poi appare discutibile in alcuni importanti aspetti.L'attività ispettiva è intesa sempre e comunque come un intralcio all'attività di impresa. Viene programmata una riduzione quantitativa dei controlli.Viene incentivato economicamente l'ispettore che invece di visitare a sorpresa l'azienda presunta inadempiente, in caso di segnalazione, promuova accordi economici transattivi (anche se al ribasso) tra datore di lavoro e lavoratore. E' certamente necessario rinnovare la funzione di vigilanza dello Stato nei confronti delle aziende private, sburocratizzarne alcuni passaggi, deflazionare il ricorso alla Magistratura, attenersi a criteri di economicità dell'azione amministrativa ma, francamente, questa sembra una ritirata generalizzata e disordinata, per di più in odore di tutela di interessi non proprio costituzionalmente protetti. Pensiamo che ormai sia chiaro a gran parte dei cittadini che il dramma delle morti bianche sul lavoro, l'aggravamento dei dati sulle malattie professionali e, in generale, il diffuso malessere dei lavoratori nel constatare l'affievolimento di ogni diritto e dignità, siano questioni risolvibili solo con un ritorno in campo dello Stato, di una Pubblica Amministrazione rinnovata, potenziata e rimotivata nei suoi ispettori, funzionari e dirigenti. Ancora una volta è nella Costituzione Repubblicana, nell'individuazione che essa opera dei soggetti maggiormente meritevoli di tutela, la via maestra per un'Italia migliore anche nel mondo del lavoro.


ROBERTO FASCIANI
Funzionario della Direzione Provinciale del Lavoro di Milano
Segretario Provinciale di Milano di DIRPUBBLICA/CONFEDIR-MIT
www.dirpubblica-milano.blogspot.com



24 aprile 2010 Roberto Fasciani (Dirpubblica/Confedir-Mit) all'incontro presso l'Universita' di Modena sulla sicurezza nel lavoro
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12 aprile 2010
SERVE UNO STATUTO EUROPEO SULLE PUBBLICHE FUNZIONI
Pubblichiamo la sintesi della riunione al CNEL del 12/04/2010 sul Trattato di Lisbona durante la quale, per conto di CONFEDIR-MIT, Giancarlo Barra, Segretario Generale Dirpubblica/CONFEDIR-MIT, ha lanciato la proposta di uno Statuto Europeo.
Nel pomeriggio si sono svolte tre riunioni per ambiti tematici, la prima sul Trattato di Lisbona, cui ha partecipato per CONFEDIR-MIT Giancarlo Barra; la seconda su UE 2020, cui ha partecipato per CONFEDIR-MIT Cinzia Morgia, la terza sulle politiche Euro-Mediterranee, cui ha partecipato per CONFEDIR-MIT Roberto Fasciani.
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23 marzo 2010
Fasciani a consultazione Ministero del Lavoro su sicurezza

IL MINISTERO DEL LAVORO E DELLE POLITICHE SOCIALI HA CONVOCATO A ROMA IL 23 MARZO 2010 TUTTE LE PARTI SOCIALI PER LA CONSULTAZIONE PREVISTA DALL'ART. 53, COMMA 5, DEL D.LGS. 9 APRILE 2008, N. 81 E SUCC. MODIF. E INTEGRAZ.

PARTECIPERA' ANCHE ROBERTO FASCIANI, COME MEMBRO DELLA DELEGAZIONE DI CONFEDIR-MIT



16 febbraio 2010 Video convegno CNEL con intervista a Barra
(clicca sui pulsanti radio posti in alto a destra sotto la pulsantiera colorata per poter ascoltare il seguente video senza sottofondo musicale)



16 febbraio 2020 Convegno CNEL
Articolo Fasciani

UN’AGENZIA IN OGNI MINISTERO? ITALIANI, ATTENTI ALL’INGANNO!

Cari cittadini, abbiamo qualcosa di importante da dirvi.
Siamo dirigenti, funzionari, professionisti, professionalità di alto livello delle pubbliche amministrazioni e delle agenzie. E’ vero, siamo più tutelati rispetto ad altre categorie ma qualcuno deve pur fare il nostro lavoro: far funzionare giorno per giorno la macchina dello Stato il quale, checché se ne dica, offre (male) dei servizi che se scomparissero del tutto provocherebbero immensi problemi ai lavoratori, alle persone più deboli, alle imprese che già hanno difficoltà a mantenere i posti di lavoro. E noi lo facciamo, avendo studiato duramente, superato concorsi (noi tutti, tranne i sindacalisti promossi sul campo dai politici), essendo pagati poco più degli impiegati o, nel caso dei dirigenti, guadagnando tanto ma con contratti a tempo determinato che possono non venire rinnovati se facciamo qualcosa che i politici non gradiscono, indipendentemente dalla validità del servizio che vi diamo. Quindi anche i dirigenti pubblici rischiano trasferimento e licenziamento. Mentre anche per i funzionari pubblici, oggi, vige la disapplicazione di fatto delle norme di tutela del diritto del lavoro che riguarda tutti. Noi conosciamo la PA dall’interno, come nessun altro. Sappiamo cose che a voi il potere non racconterebbe mai .E per questo dovete crederci se vi diciamo che vi stanno preparando un brutto scherzo. Vogliono creare una Agenzia in ogni Ministero, sul modello dell’Agenzia delle Entrate. Voi direte: sono i soliti conservatori che si mettono di traverso a Brunetta, uno antipatico ma che finalmente ha detto le cose come stanno ed è passato dalle parole ai fatti. Magari fosse così semplice. No, purtroppo stiamo parlando di un gruppo di studiosi, di entrambi gli schieramenti, che, lasciato operare irresponsabilmente da vent’anni, ha ideato, avviato e gestito finora la privatizzazione all’italiana, spudorata e senz’anima, della PA, d’intesa con poteri che traggono profitto dalle dismissioni del Pubblico. Soldi per loro, non per voi che vi beccate il disservizio, le code, l’aumento dei costi, sotto forma di tasse, imposte, contributi, tariffe. Da vent’anni ci stanno lavorando con i loro attrezzi: e i risultati? Il disastro. Evasione fiscale e contributiva, Giustizia lumaca, morti bianche, pensioni presenti e future da povertà indegne di un paese civile, scuola impresentabile e così via.
Ma esaminiamo brevemente questo esempio, questo gioiello, questo capolavoro: l’Agenzia delle Entrate italica nasce nel 2001 per combattere, cambiando in maniera mirata la precedente organizzazione dell’ Amministrazione Finanziaria, l’evasione fiscale. Nove anni: dovrebbe essere ormai una macchina collaudata. Il più grande successo? il recupero del solo 2% (due per cento) dei duecentosettanta miliardi di evasione fiscale. Senz’altro meglio di niente, con i tempi che corrono. Ma basta all’Italia? E’ colpa dei funzionari del Fisco che non hanno voglia di lavorare oppure la politica si ostina a considerare una fuoriserie quella che si è rivelata una carretta mal progettata? E’ colpa della riscossione che non funziona, nonostante l’Agenzia? Difficile pensarlo: il direttore dell’Agenzia delle Entrate e il Presidente di Equitalia SpA sono la stessa persona. Con il privato si evitano sprechi e duplicazioni? In questi mesi l’Agenzia sta attivando decine di Direzioni Provinciali, violando le regole stabilite da sola, con nomine e procedure a dir poco opache. Indipendenza dal potere politico?
Contraddetta da diversi noti episodi nei quali i politici, spinti dai poteri forti, si sono mossi con la delicatezza di un elefante in una cristalleria.
Addirittura c’è chi dice che oggi la questione vera sia l’indipendenza del Ministro e delle forze politiche dalla holding Agenzia/Equitalia. E se in Italia avessimo inventato lo spoils system inverso?
La Fondazione (e le persone) che propone una Agenzia in ogni Ministero è sempre la stessa di vent’anni fa. Ci dice: vi sono modelli validi in Gran Bretagna (Next Steps) e negli USA (Reinventing Government): non ci spiega però che lì sono avanti di trent’anni, che precedentemente avevano una PA dignitosa, che quelle soluzioni sono difficilmente applicabili, per ragioni culturali e per tradizione, in Italia. Poi si accenna all’esempio francese, questo forse l’unico compatibile con le nostre esigenze. Domandiamo, quando vogliono farci credere che le presenti e future Agenzie italiane sarebbero una declinazione degli esempi esteri: non pensate che il dirigismo centralizzato francese in Italia non vi sia mai stato e che dagli anni Settanta vi sia stato decentramento ma non miglioramento dei servizi, assicurati in precedenza dallo Stato francese ma mai in maniera sufficiente dallo Stato italiano? In Italia abbiamo mai avuto una formazione selettiva della dirigenza pubblica comparabile con la Francia? E che sia necessario, con l’attuazione della Vicedirigenza in Italia (quella che i francesi, nel Libro Bianco, individuano come “vivaio potenziale per il reclutamento”), completare con un apprendistato sul campo dei futuri dirigenti, il necessario apprendimento teorico? Non pensate che la premessa della riforma francese (la nuova legge di bilancio) sia stata non a caso un passaggio saltato in Italia, per non compromettere lo scambio deteriore che la Politica effettua ad ogni Finanziaria (recentemente riformata, ma all’italiana)? Visto il rilievo assunto dalle Regioni nel nostro Paese, non vi ispira nulla la scelta storica dei francesi di separare, dal 1986, la Funzione Pubblica Ospedaliera da quella Territoriale? Quindi separata gestione dei costi, più corretto rapporto tra politica e sanità? Ci riusciremo mai in Italia? Perchè nel 2000 è fallito il tentativo di riforma del Ministero delle Finanze francese? In Francia si è pensato di uscirne negoziando i tempi di ogni riforma con i Sindacati: Ministro Brunetta, non ritiene utile studiarsi meglio quell’esperienza? Dare più ascolto al Presidente Sarkozy (“riforme solo con la condivisione e la partecipazione di tutte le parti coinvolte”)?
Chiediamo all’opposizione: è ammissibile che in Italia sia inutile istituire una Commissione Attali in quanto, a differenza della Francia, qui da noi Destra e Sinistra hanno le stesse idee e proposte, facendosi concorrenza solo sul terreno dell’autoritarismo e della tutela dei poteri forti? Con la RGPP in Francia si afferma che i tagli indiscriminati non portano ad ottimizzazione ma a un deterioramento dei servizi: lezione appresa dal Canada e dalla Svezia. Ministro Gelmini, perché non unisce l’utile al dilettevole, recandosi in viaggio di nozze in quei paesi o telefonando a Sarkozy? Sempre la RGPP propugna “la valorizzazione del lavoro dei funzionari pubblici”, “una funzione pubblica che consenta dei percorsi professionali”: perché in Italia abbiamo abolito le carriere (rilanciate invece dal Libro Bianco francese), penalizzato i veri concorsi, scelto le finte “riqualificazioni” e impoverito i cittadini che lavorano nelle PP.AA.? In Francia nel 2007 hanno lanciato un dibattito nazionale, anche on line (senza vignette). In Italia nel 2009 abbiamo avuto i diktat di Brunetta. Il lavoratore pubblico trattato mediaticamente come un somaro da bastonare. I dirigenti e funzionari considerati marionette. In Francia il mondo accademico è solo uno (minoritario) dei soggetti coinvolti nelle consultazioni. In Italia Destra e Sinistra, da vent’anni, hanno appaltato in esclusiva alle baronie universitarie(legate a doppio filo con la politica) la riforma della PA in tutte le sue fasi. In Francia sono stati ben distinti i servizi pubblici di tipo amministrativo e quelli di tipo industriale e commerciale. In Italia tutto, indistintamente, è divenuto “prodotto” rivolto a “clienti”. I rami che generano profitto vengono esternalizzati, quelli rivolti ai più deboli vengono abbandonati e inariditi.
Nella PA francese sono storicamente radicati i valori di uguaglianza, neutralità e onestà. E in Italia (nonostante la Costituzione non a caso sgradita a Brunetta)? Siamo tutti d’accordo sulla semplificazione? Senz’altro, ma in Francia (non in Italia) hanno individuato la soluzione: punto 14 rapporto Commissione Attali: “aprire le professioni regolamentate alla concorrenza senza rinunciare alla qualità dei servizi”. Prof. Bassanini, è una cosa di sinistra e pure liberale. L’ha rammentata, lei che l’ha scritta in Francia, ai suoi colleghi italiani oppure l’ha smarrita alla frontiera? Parliamo di organi di valutazione, di Authority? In Francia (decisione 229) si ritiene di far valutare i funzionari “da parte dei rispettivi superiori e degli stessi utenti”, di “mettere in concorrenza gli organismi di valutazione”. In Italia si prepara un monopolio che esclude la presenza dei funzionari pubblici (gli unici a conoscere quel mestiere i cui risultati si debbono valutare).In Francia si pensa a una gradualità nell’arco di un decennio. Brunetta ritiene di completare il lavoro prima di essere eletto sindaco di Venezia. In Francia l’obbiettivo è la semplificazione organizzativa per evitare duplicazioni. Come detto, il Direttore dell’Agenzia delle Entrate italiano sta istituendo, scavalcando le Direzioni regionali, tante Direzioni provinciali. E poi la trasparenza all’italiana: si pubblicano gli stipendi dei dirigenti ma non si pubblicano i risultati ottenuti da ognuno.
MINISTRO BRUNETTA, NATURA NON FACIT SALTUS.
NON SIAMO IN CAMPO ECONOMICO E TECNOLOGICO MA GIURIDICO ED ISTITUZIONALE. EVITIAMO UN NUOVO DISASTRO: UN DOMANI ANCHE PER L’ITALIA, COME INVECE AVVIENE OGGI PER LA FRANCIA E PER GLI ALTRI, ARRIVERA’ IL MOMENTO DI PUNTARE SULLE AGENZIE. OGGI CREDIAMO PIU’URGENTE AFFRONTARE QUESTIONI CHE ALTRI (NON NOI) HANNO RISOLTO DA 20-30 ANNI. LEI SCRIVE (NELLA PREFAZIONE AD UN LIBRO) CHE LA NOSTRA GIUSTIZIA CIVILE E’ INFERIORE A QUELLA DELL’UGANDA E DEL GABON. NON SOLO LA GIUSTIZIA, CREDIAMO. PENSA CHE IN UGANDA E IN GABON RISOLVEREBBERO I LORO PROBLEMI, CHE SONO EVIDENTEMENTE GENERALI, ISTITUENDO UNA AGENZIA IN OGNI PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?


ROBERTO FASCIANI
(Segretario Provinciale Dirpubblica/Confedir Milano)
www.dirpubblica.it
www.confedir.org



15 agosto 2009 R. Fasciani:
Riflessioni di mezza estate a seguito di lettera di Fabrizio Romano
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5 giugno 2009 Accredito Segreteria Provinciale Dirpubblica Milano
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